"Il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 84/2024, recante disposizioni urgenti sulle materie prime critiche di interesse strategico (A.C. 1930) è stato presentato il 25 giugno 2024 ed è stato assegnato in prima lettura alla Camera.
La X Commissione attività produttive, commercio e turismo, assegnataria in sede referente del provvedimento, ha concluso l'esame del provvedimento nella giornata di giovedì 25 luglio 2024" (estratto da https://temi.camera.it/leg19/temi/d-l-84-2024-disposizioni-urgenti-sulle-materie-prime-critiche-di-interesse-strategico.html).
E ci risiamo: l'Alta Val d'Orba, incredibile scrigno di biodiversità inserita nel Parco Naturale Regionale del Beigua, nonché UNESCO Global Geopark (Global = interesse mondiale), se la deve di nuovo vedere con chi questo luogo non lo conosce minimamente ma ne stima sulla carta interessi economici (tutti da verificare).
In breve: nel comprensorio di questa valle incastonata tra Genovesato, Savonese e Alto Monferrato, si trova il Monte Tariné, nelle cui viscere si troverebbe uno dei più grandi giacimenti di titanio al mondo.
Da qui l'interesse a livello europeo per il censimento dei siti delle materie critiche e a seguire D.L. da Roma che vede il Tariné appunto come luogo d'interesse per potenziale estrazione.
Ma questo è solo un singolo pezzo d'informazione, con disegnata sopra solo parte di una sagoma indistinta, che apre alla fantasia umana ovviamente le posizioni tra le più diverse, della serie: "Serve per le batterie e le protesi!" "Dobbiamo svincolarci dalla Cina!" "Il Tariné non si tocca!" "Siamo in un Parco!" e via così con la nostra abilità tutta italica di trasporre i temi, anche quelli più seri e sensibili, a questioni da gradinata.
Ora mettiamo insieme anche gli altri pezzi, e vediamo un po' che puzzle ne viene fuori:
Il Titanio è presente in minerali quali il Rutilo, sotto forma di biossido e nell’Ilmenite, sotto forma di triossido di ferro; il titanio metallico, quello usato nei processi industriali per la produzione di leghe per protesi, industria aeronautica etc. viene estratto quindi dai minerali, attraverso lavorazioni chimiche con uso ad es. di Cloro (processo Kroll), il che a sua volta richiede un ulteriore costo sia per la società (processo in sé più smaltimento a norma contro danni ambientali) che per la collettività (in caso appunto di danni ambientali).
La forma minerale presente nel Tariné è appunto il Rutilo, contenente biossido di titanio, utilizzato per le sue qualità ottiche (alto indice di rifrazione) soprattutto nelle vernici bianche.
Vernici. Non protesi.
Per ottenere ed estrarre il minerale inoltre occorre frantumare e quasi polverizzare la roccia: la roccia “madre” è costituita da eclogiti, che sono caratterizzate da una durezza elevatissima, comprabile a quella di materiali stessi delle macine (ad esempio i così detti mulini a palle) che, di conseguenza, sarebbero soggetti ad usura superiore a quella media.
Quindi anche in questo contesto ci si chiede: quanto crescerebbero i costi di produzione (e poi di rivendita)?
Se vogliamo poi andare per numeri, eccovi due dati:
La miniera, per come ne è stata presentata l'ipotesi sin dagli anni '70, includerebbe 453 ha di area attualmente sana e boschiva, in poche parole 450 campi da calcio di arida terra al posto del territorio integro attuale.
Prendete le fondamenta della pista aeroporto di Genova, ora moltiplicate quel volume di terra per 20; avrete l'equivalente della roccia che andrebbe sbancata dalla sua attuale posizione di riposo su cui crescono tutte le specie viventi che arricchiscono (per davvero) l'area.
500.000: sarebbero i TIR necessari per movimentare
18mln di tonnellate dei materiali di risulta: volume di traffico pesante incompatibile con la attuale rete viaria.
Dati estratti da: https://bric-tarine.blogspot.com/
Approfondiamo adesso gli aspetti geologici del sito in questione: il cosiddetto "Gruppo di Voltri", costituito da roccia metamorfica che in milioni di anni ha visto condizioni estreme nelle grandi profondità della crosta terrestre, è ricco di minerali, metalli pesanti e materiali potenzialmente pericolosi per la salute umana: il riferimento va nello specifico alla presenza nella roccia, associata al rutilo, della crocidolite, o amianto blu, (peraltro presente in percentuali superiori a quelle del rutilo e dell’ilmenite, che è un minerale fibroso appartenente alla categoria degli “amianti") di cui è riconosciuta oggi la pericolosità sulla salute umana in quanto causa di mesoteliomi e a malattie associate (https://it.wikipedia.org/wiki/Crocidolite): attualmente NON è individuata una soglia minima letale di concentrazione delle sue fibre, se disperse in aria (ad esempio con l'opera di sbancamento), altrimenti detto: non si conosce una soglia di concentrazione al di sotto della quale non si rischia la morte.
Mineralogia. — Pseudomorfosi di rutilo da cloromelanite nelle rocce eclogitiche di
Monte Tariné presso S. Pietro d’Olba (Appennino settentrionale). Nota di ROBERTO
GORGA, presentata (*) dal Socio A. Mottana.
Tesi di laurea: Caratterizzazione minero petrografica delle mineralizzazioni a Ti nell’area di Piampaludo (Relatore dott. Alessandro cavallo): una parte dei cristalli di rutilo (TiO2) a causa del metamorfismo retrogrado (passaggio da condizioni di alta pressione e temperatura da media a bassa a condizioni di pressione più bassa e temperatura alta) risulta circondata da una fascia di ilmenite (FeTiO3) e/0 titanite (CaTiSiO5).Questo fatto non è l’ideale dal punto di vista estrattivo (ore dressing).Tuttavia, i valori medi del «fondo ambientale» di questa zona costituiscono un problema nella coltivazione dell’ossido di titanio a causa della presenza di fasi fibrose del tipo attinolite. Infatti, l’indice di rilascio è determinato secondo le modalità del DM 14/5/96 del Ministero della Sanità «Normative e metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l’amianto», previsti dalla L. 257/1992. Questa zona è considerata a rischio; pertanto le attività minerarie di estrazione e trattamento sono da evitare mentre la valorizzazione e la conservazione del territorio in questa area devono essere limitate ai soli interventi necessari ai fini della ricerca scientifica.
Rif.: Tratto da Rend. Fis. Acc. Lincei s. 9, v. 15:175-187 (2004)
Aspetti geografici: se qualcuno, nel raggio perlomeno di 50Km, pensa di essere esente dal problema, vi diamo un inquadramento del sito: il Tariné si trova a circa 10Km in linea d'aria da Arenzano (GE), 16 da Albissola (SV) e 19Km (sempre in linea d'aria) da Ovada (AL). Perché considerare queste distanze? Perché di seguito vi poniamo le nostre riflessioni.
Prima riflessione: avete presente quando piove "terra", in realtà sabbia, proveniente dal deserto libico? Ebbene: quelle polveri viaggiano in aria per ben 1.450 Km circa prima di cadere sulle nostre auto appena lavate.
1.450 Km
Come non porsi quindi la prima seria questione delle fibre di amianto rilasciate in aria, da un ipotetico sito geograficamente al confine tra due Regioni e tre province (come minimo), in caso ad esempio di operazioni con mine o qualsiasi altra lavorazione "a secco" che produrrebbe polveri facilmente trasportabili dal vento?
Seconda riflessione: il "benessere umano". Attualmente il Tariné e le aree limitrofe sono una sorta di SPA per il benessere spico-fisico GRATIS e alla PORTATA di TUTTI, grazie alla sua incredibile biodiversità che lo caratterizza rendendolo un'area naturalistica di pregio incalcolabile (Oltre a rientrare nel Parco del Beigua è inquadrata anche come zona ZSC - Zona Speciale di Conservazione e ZPS - Zona di Protezione Speciale, aree individuate secondo le Direttive Europee della RETE NATURA 2000).
Quale sarebbe quindi l'entità del danno pubblico privando chiunque di un sito del genere?
Terza riflessione: in percentuale, più del 90% del materiale di sbancamento risulterebbe di scarto, mentre solo un esiguo 4% sarebbe il famoso biossido di titanio utile.
Quindi: un intero monte verrebbe reinterpretato come un'enorme massa di scarto, da ri-depositare, in nuove discariche apposite? Dove?
Quarta riflessione, con tutti questi elementi alla mano:
Quali sarebbero i costi di produzione a fronte di quale prezzo che andrebbe a finire sul mercato? Quali sarebbero le perdite per la distruzione di un bene attualmente produttivo, quale fonte di turismo e produzione agricola (considerando l'intera area d'interesse)?
Quali sarebbero i rischi sulla salute per i lavoratori del sito, per i residenti dell'area e per tutte le comunità limitrofe, dalla Riviera al Monferrato?
L'attività di eco-turismo e produzione agricola non hanno un "limite di tempo", al contrario rafforzano l'economia di un territorio anno dopo anno, mentre un sito di estrazione, per sua natura, esiste per un tempo definito. Qual' è il bilancio reale tra gli introiti di un sito di estrazione e i mancati guadagni dalla sua realizzazione in avanti per tutto il settore primario agricolo e per il settore del turismo?
Come la si voglia girare, il bilancio, visto con gli occhi della collettività, non pare essere esattamente positivo, tutt'altro: il deturpamento ambientale sarebbe irreversibile, in un territorio che peraltro nel turismo sostenibile ha investito negli anni passati e di cui ora tanti turisti oggi possono goderne i frutti.
Ne è testimonianza il Tiglio del Tariné in fotografia: albero secolare che rientra nell'elenco degli alberi monumentali della Liguria, con i suoi oltre 250 anni di vita.
Neanche a farlo apposta, sito proprio a pochi metri dalla cima del Tariné.
Un gigante buono che in oltre due secoli e mezzo all'uomo ha dato ossigeno, cibo (miele delle api), cure (grazie alle sue proprietà).
E poi consentiteci questa piccola nota ironica e amara: i boschi per noi Guide Ambientali sono un po' il nostro "ufficio": ci piacerebbe che nessuno ce lo distruggesse.
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