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Diario delle escursioni - Viaggio nella storia della Diga di Molare


Sabato 02 Ottobre abbiamo vissuto una giornata veramente speciale.

A seguito della richiesta per un'escursione privata, è stata organizzata un'esperienza su misura.

Così, per la prima volta, l'escursione dedicata all'alluvione del 1935 non si è limitata alla visita della diga di Molare (diga principale), ma alle diverse parti che compongono l'impianto, da Ortiglieto sino al centro abitato di Molare. Ospite d'onore della giornata Vittorio Bonaria, autore del libro "Storia della Diga di Molare - il Vajont dimenticato", che con la sua passione e competenza ci ha accompagnato in un viaggio nel passato tra dati storici, volti e personaggi persi e ritrovati nelle pieghe del tempo.

La giornata è iniziata in loc. Ortiglieto: qui, discendendo i boschi che hanno riconquistato il loro spazio naturale, nell'antico invaso artificiale, abbiamo raggiunto la monumentale opera della Diga Principale.

Nel 1935 un'eccezionale evento meteorologico si scatenò sull'Alta Val d'Orba, riversando in poche ore una quantità di pioggia mai vista a memoria delle popolazioni locali (il dato puntuale raccolto dalla stazione di Piampaludo registrò 460mm in 8 ore). Eppure, nonostante la forza dell'acqua e la violenza dell'evento, la diga resse, rimanendo al suo posto, a protezione della valle.

Lo stesso non si può dire della diga secondaria, costruita secondo canoni che inevitabilmente portarono al crollo della stessa e alla tragedia che ne conseguì.

Visitare la diga principale è stata come sempre un'emozione: una cattedrale nel deserto, o meglio, nella foresta, con la sua struttura architettonica che racconta di forza e senso estetico.

Accanto alla diga la casa del custode, anch'esso edificio che ci ha dato lo spunto per raccontare molto di quella mattina del 13 Agosto 1935.

L'escursione è proseguita poi lungo l'antica strada che ci ha condotto sino allo strappo nella montagna, dove la diga secondaria crollò.

Difficile usare altro termine se non "strappo", proprio perché ancora oggi, vista la natura geologica del luogo, nel punto dove un tempo sorgeva la diga sembra che i versanti soffrano ancora di una ferita aperta, dove la vegetazione in 86 anni non è ancora riuscita a riconquistare la roccia.

Dalla vecchia carrareccia lo sguardo corre a monte, dove una volta si sviluppava l'invaso, con il panorama di un lago che si estendeva per più di 4Km di lunghezza.

Le dighe però si sa, non sono fini a sé stesse, ma sono solo parte di un sistema più complesso, in questo caso finalizzato alla produzione di energia elettrica.

Per approfondire le vicende che portarono alla costruzione ed al funzionamento dell'impianto di Ortiglieto ci siamo quindi spinti a valle, osservando così da vicino la condotta forzata, il pozzo piezometrico e la centrale, ancora oggi presenti e funzionanti (la centrale distrutta e ricostruita nel 1940).

Il nostro viaggio è quindi terminato a valle della diga, nel Comune di Molare, dove il ricordo di quel giorno è ancora vivo nella memoria di molti, bruciando a volte come la stessa ferita visibile ancora sul versante di Bric Zerbino.

Un grandissimo ringraziamento a Vittorio Bonaria per averci accompagnato ed un altrettanto grande grazie a Maurizio ed alla sua famiglia, che con la loro curiosità hanno reso possibile questa giornata, che ci ha per l'ennesima volta ricordato come l'opera dell'uomo, se disconnessa dall'ambiente in cui viene sviluppata, inevitabilmente si ritorce contro se stesso, nonostante la natura mandi avvisaglie, per la sete di profitto troppo spesso ignorate.


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